La pubblicazione di
Lina l'esploratrice in Italia ha suscitato insulti e accuse come vi abbiamo già spiegato
qui, ma anche tante curiosità e domande. Di seguito vi riportiamo alcune domande che abbiamo rivolto alle autrici
Katharina Hotter e
Lisa Lisa Charlotte Sonnberger e all'autore
Flo Staffelmayr.
Come è nata l’idea di Lina e come si è formato il gruppo di lavoro? È stata la casa editrice a chiederlo o è frutto di un collettivo autonomo?
Lisa:
Tutto è cominciato nel 2017, in una serata in sauna riservata alle donne con Katharina Hotter, mia cara amica. Ci siamo conosciute nello stesso anno in una scuola di ballo a Vienna, siamo diventate grandi amiche e abbiamo iniziato a uscire spesso insieme, anche nella sauna vicina a casa nostra.
L’idea di lavorare insieme su un libro per l’infanzia che mettesse la vulva al centro dell’attenzione, è nata in una di quelle serate nella sauna «Tröpferlbad», nel diciottesimo distretto di Vienna. (Nel corso del XIX secolo, migliaia di persone del luogo e provenienti dai territori della corona asburgica versarono nella città di Vienna. Nel 1910 Vienna aveva più di due milioni di abitanti. A causa delle condizioni di vita e di igiene, a volte catastrofiche, la città aveva deciso di costruire i cosiddetti bagni pubblici).
Siamo entrambe impegnate nel femminismo e nelle tematiche ad esso correlate, quella sera Katharina stava riflettendo sul fatto che molte donne di sua conoscenza hanno difficoltà nel nominare la vulva delle loro bambine. In particolare, Katharina si stava riferendo al racconto di una madre che si era resa conto che, nel cambiare i pannolini di sua figlia, era in grado di descrivere passo dopo passo tutto quello che faceva mentre puliva e metteva una crema nel sedere mentre non nominava la vulva, anche se pure questa veniva pulita e lubrificata. La donna le disse che non riusciva a trovare un termine con il quale sentirsi a suo agio per riferirsi ai genitali della figlia.
Quando si comunica con i bambini e le bambine, ci sono un sacco di parole per riferirsi agli organi sessuali femminili. Sfortunatamente, molte di queste parole sono sminuenti, denigratorie, complementari al genere maschile. Perché non li chiamiamo con il loro nome? Vulva!
L’osservazione di quella donna ci aveva toccate molto e aveva fatto emergere la necessità di fare qualcosa. Questa donna non era sicuramente la sola ad avere insicurezze di questo tipo: l’assenza di vulve nel linguaggio e nell’immaginario è un fenomeno socio-culturale. La nostra missione allora divenne chiara: liberare la vulva da tutti i miti fuorvianti e dal persistente senso di vergogna e tabù presenti nella società, per nominarla attraverso un lessico preciso e poterla rappresentare con un immaginario diverso. Ma da dove bisognava cominciare? E cosa occorreva fare?
Negli ultimi anni, sono stati pubblicati molti testi per un pubblico adulto, ma eravamo d’accordo sul fatto che se avessimo voluto cambiare davvero la percezione che si ha della vulva, avremmo dovuto scrivere un libro per l’infanzia. Un libro con un lessico preciso e che mostrasse la vulva nelle sue varie forme e colori di pelle, con informazioni utili anche su altri temi correlati, come la nudità, i peli, l’igiene, le mestruazioni ecc. Tutte le informazioni avrebbero dovuto essere trasmesse in modo comprensibile e semplice, non prescrittivo.
Katharina coinvolse poi Florian Staffelmayr. Flo, un autore molto eloquente e con un grande senso dell’umorismo, creò il testo in stretta collaborazione con noi. Lavorando come autore nel campo del teatro per bambini e bambine e della letteratura per l’infanzia, contribuì al progetto del libro sulla vulva con una prospettiva nuova e stimolante proveniente dal mondo del teatro per l’infanzia e giovani. Nel frattempo, Katharina e io continuavamo a fare ricerche per ampliare la storia di
Lina l’esploratrice con informazioni utili sulla nudità, sull’igiene e le mestruazioni.
Poi, per caso, Katharina si imbatté in alcune illustrazioni – che ci erano piaciute fin da subito – presenti in una newsletter arrivata da una delle nostre librerie preferite, Hartlieb’s books. Petra Hartlieb, la proprietaria della libreria, ci mise subito in contatto con l'autrice: Anna Horak. Anna si rivelò entusiasta quanto noi all’idea di un libro sulla vulva. In quanto appassionata di disegno, quello sarebbe stato il suo primo lavoro come illustratrice di libri per l’infanzia.
Nello stesso periodo, nella primavera del 2020, Flo aveva organizzato un incontro con la casa editrice Achse Verlag e da allora gli eventi si susseguirono velocemente. Dopo un lungo, produttivo e divertente incontro serale al
Kutschermarkt [mercato rionale] di Vienna, fu impostato lo storyboard del libro. Quando Anna tirava fuori nuovi disegni dal suo portfolio, sembrava una magia. Le illustrazioni disegnate con cura e con particolare attenzione al dettaglio, a poco a poco hanno dato vita al libro. Anna continuò a lavorare fino a dicembre e nel febbraio del 2021 arrivò il momento: ricevemmo le prime copie di
Lina l’esploratrice.
Quello che speriamo ora è che l'albo sia letto da più bambine e bambini possibili per essere sicure di aver contribuito a una comunicazione libera sulla vulva – con il linguaggio e l’immaginario. Convinte del fatto che un rapporto positivo con il corpo, nel suo complesso, contribuisca a rendere la vita più gioiosa e soddisfacente, riteniamo sia importante porre un’attenzione altrettanto amorevole nei confronti degli organi sessuali, così come facciamo con qualsiasi altra parte del nostro corpo.
Come avete lavorato sul testo, considerando l’età del pubblico al quale è rivolto?
Flo:
Avendo lavorato per anni come autore teatrale per l’infanzia, sono già abituato ad avere a che fare con questo target. Fin dall’inizio, per noi è stato fondamentale scrivere un libro per l’infanzia che attirasse più persone possibili e che nello stesso tempo restasse focalizzato su un argomento così importante. È per questo che decidemmo di raccontare la storia di Lina, ma anche per fornire informazioni precise e anatomiche sul corpo. In questo modo, la persona che legge può decidere cosa va letto e cosa no.
Lisa:
Ognuno di noi ha una formazione sull’infanzia, per cui eravamo consapevoli fin dall’inizio dell’importanza di utilizzare un linguaggio pensato per questa età. Katharina è una psicologa specializzata sull’infanzia, sulla gioventù e sull’educazione sessuale. Flo ha scritto molti libri per bambini e bambine e lavora come autore teatrale per questa fascia d’età, e io sono un’insegnante della scuola dell’infanzia.
Nello scambio di battute tra il padre di Lina e la protagonista, si nominano il "popò" [in tedesco Popo] e la vulva. Il primo termine fa riferimento a un linguaggio più gergale e infantile, il secondo è prettamente anatomico, quindi i registri si sovrappongono. In Italia abbiamo ricevuto subito richieste di spiegazioni rispetto a questo. Voi come rispondete?
Lisa:
È una domanda interessante. In tedesco la parola
Popo è comunemente usata sia per il sedere dei bambini e delle bambine, sia per quello delle persone adulte. Non ha alcuna connotazione negativa. Altri termini sono obsoleti, entrati ormai in disuso (
Gesäß, "deretano") oppure rimandano a espressioni sessuali (
Hintern, "culo" –
Klaps auf den Hintern, "pacca sul culo"). Quindi credo che il termine
Popo sia giocoso e il più adatto a un libro per l’infanzia tedesco. In generale: la nostra principale intenzione non era usare parole denigratorie per riferirsi al sedere, ma sceglierne una che fosse il più neutrale possibile, e che quindi fosse la più adatta per questo libro.
Tuttavia, la vostra domanda pone l’attenzione sulla traduzione italiana ed è nel nostro interesse sapere quale termine avete usato nella traduzione di
Popo. Se la parola che avete usato è denigratoria o connotata negativamente, e se ne esiste una più adatta e neutrale che pensate possa funzionare meglio, accoglietela pure nella seconda edizione italiana. Grazie per aver portato questa criticità alla nostra attenzione, la riporteremo in futuro ad altre case editrici estere*.
Flo:
Forse la traduzione migliore potrebbe essere
sederino o
culetto, se
Popo è utilizzato solo nel gergo infantile. In ogni caso, il nostro obiettivo è far rientrare il termine
vulva nel linguaggio quotidiano, dato che, ancora oggi, potrebbe creare imbarazzo.
Quali aspettative avevate sul libro? E se ci sono state delle critiche, come avete reagito?
Flo:
Durante la gestazione del libro, avevamo parlato con molte persone per capire quale fosse il clima in Austria. Durante questa fase, avevamo ricevuto solo feedback positivi che ci incoraggiarono molto. Infatti, la reazione del pubblico dopo la pubblicazione del libro fu molto positiva e travolgente, nonostante ci aspettassimo più critiche nel nostro Paese.
In Italia la pubblicazione dell’albo ha attirato insulti e commenti sessuofobici che mischiavano pornografia a pedofilia e altre forme di indottrinamento dell’infanzia. Qual è la situazione in Austria e qual è lo stato dell’arte rispetto alla diffusione dell’educazione a una sessualità sana e consapevole?
Lisa:
Sì, è capitato anche a noi. Il libro naturalmente non riguarda nessuna di queste accuse. Siamo stati i primi a pubblicare un libro sulla vulva in Austria, se non addirittura in tutti i paesi germanofoni, dentro una cultura in cui i genitali femminili continuano ad essere associati alla sola funzione procreatrice. Per quel che riguarda il libro, ci sono state due reazioni principali: quelli che stavano aspettando un libro come questo già da un po’ e ci hanno supportato fin da subito, e quelli che ancora credono in norme socio-culturali che associano la vulva alla vergogna, al tabù, alla sessualità, al peccato, ecc., «chi ne ha bisogno?», «non è troppo presto per parlarne?» (beh, quale età migliore per parlarne se non proprio quella in cui si imparano le parole per descrivere il mondo che vediamo e percepimo?).
Secondo me, la risposta da dare a queste critiche riguarda la prevenzione dell’abuso su minori attraverso l’insegnamento di un vocabolario preciso che permetta loro di riportare possibili molestie.
Di solito racconto un aneddoto che riguarda una donna italiana che mi scrisse in privato su Facebook quando
Lina l’esploratrice uscì in libreria, sottolineando l’importanza di fornire a bambine e bambini un lessico preciso, in modo che siano in grado di nominare con la massima accuratezza i loro genitali.
Il messaggio diceva: «Un libro del genere è utile e necessario, punto. Mi è ritornato in mente quando una volta ho letto, sotto un post che parlava di temi simili, la storia di una donna che ha scoperto che la sua bambina veniva molestata dal nonno e l'aveva detto a tutti ma nessuno l'aveva capito. Nessuno aveva capito perché la bambina diceva "il nonno mi ha toccato il biscotto" (chiamava biscotto il suo organo sessuale) e quindi tutti pensavano che il nonno le aveva rubato i biscotti».
Quando un bambino o una bambina usa la parola «farfallina» o, come nel messaggio riportato, «biscotti» per riferirsi alla vulva, è molto difficile percepire la denuncia.
Bambini e bambine, fin dalla più tenera età, hanno a che fare con i loro organi sessuali, guardano con curiosità se stessi e l’ambiente che li circonda. (I feti toccano i propri genitali già quando sono nell’utero materno). Il senso di vergogna e tabù non è innato, ma ci viene insegnato dalla società. «Dobbiamo proteggere i bambini», è la frase che abbiamo sentito più volte in riferimento al nostro libro sulla vulva. Ma da che cosa? I bambini si proteggono fornendo loro informazioni corrette sulle cose per cui hanno interesse, con un linguaggio appropriato. Quand’è il momento giusto per parlare a bambini e bambine degli organi sessuali? Quando cominciano a parlare, quindi dai 2 anni in su.
Per i bambini e le bambine non c’è alcuna differenza se stiamo parlando di alberi, animali, broccoli o organi sessuali. Siamo noi, persone adulte, che trasmettiamo vergogna e insicurezza quando parliamo di questi temi. I bambini e le bambine hanno un sesso sin dalla nascita: anche loro hanno milioni di terminazioni nervose sulla punta della clitoride, o del glande, tanto per cominciare, e toccarsi li fa stare bene. (Alcune persone ritengono che sia troppo presto per parlare di genitali e pensano che sarebbe meglio affrontare l’argomento più avanti).
Per lo sviluppo di bambini e bambine, è fondamentale nutrire il loro interesse per il corpo, ed è dannoso evitare l’argomento o addirittura impedire di toccarsi. Dipende sempre dal contesto. Per esempio: se un bambino o una bambina si tocca durante la cena, è giusto ammonire che non è il luogo adatto per farlo, ma che se vuole toccarsi, può farlo nella propria stanza, dato che si tratta di una cosa intima. Nel passato molti genitori dicevano ai loro figli e alle figlie «non farlo, è proibito, è una cosa sporca…» – questo tipo di commenti fanno intendere che tutta la sessualità sia porca e da proibire… e sono proprio questi commenti che potrebbero avere un impatto negativo sulla loro consapevolezza psichica e sulla vita sessuale futura.
Nella maggior parte dei casi, i bambini e le bambine, nella loro infanzia, ignorano le norme sociali. È importante fornire spazi in cui possano toccarsi e giocare con se stessi. Più avanti, sarà importante spiegare che ci sono anche posti dove è socialmente accettato stare nudi e giocare con se stessi. Per questa ragione, il nostro libro contiene un’immagine brulicante che illustra i vari luoghi in cui si può stare nudi.
[*] Nota della redazione: in seguito alle risposte date, riteniamo che non essendo il termine "
popò" in italiano dispregiativo, lo terremo anche nelle future edizioni. Condividiamo con le autrici l'idea di inserire termini che siano giocosi e neutrali. Come sostiene l'autore Flo Staffelmayr, l'albo lavora sull'introduzione di
vulva nel linguaggio quotidiano, in quanto ancora oggi porta con sé imbarazzo e vergogna, mentre il termine "
popò" non suscita alcun disagio.