Un reportage lungo tre anni che racconta, attraverso le parole di chi sopravvive al femminicidio, gli esiti drammatici della violenza di genere.
A vivere le conseguenze del femminicidio sono madri, padri, sorelle, fratelli, figlie e figli. A loro restano i giorni del dopo, i ricordi immobili trattenuti dalle cornici, le spese legali, le umiliazioni nei tribunali, le accuse mediatiche del «se l’è cercata», «era una poco di buono».
Sempre più familiari intraprendono battaglie quotidiane: c'è chi scrive libri, organizza incontri nelle scuole, lancia petizioni, raccoglie fondi. Il tutto con l'intento di dimostrare che un femminicidio non può essere attribuito al caso, ma è un fenomeno con radici culturali e sociali profonde, attecchite su un senso di proprietà e di dominio degli uomini sulle donne ancora molto diffuso.
La reazione all’infinito dolore individuale, che da personale diventa politico, fatica a essere riconosciuta a livello istituzionale e mediatico. Eppure sono in molti a non smettere di combattere contro l’invisibilità e il silenzio, nemmeno a distanza di decenni dalla morte delle loro figlie, delle madri, delle sorelle. Il vero amore è questo, non quello degli uomini che le hanno uccise.
(Stefania Prandi)
Prefazione di Chiara Cretella
Postfazione di Patrizia Romito
«Un libro straordinario. Uno sguardo che nessuno finora ha avuto il coraggio e la determinazione di volgere» (Patrizia Romito)
«Magari state pensando no, ho già abbastanza disgrazie: non ho voglia di ascoltare quelle degli altri. Però ad aiutare quei bambini non saranno i 300 euro dello Stato. che oltretutto non arrivano. Saranno quelli di noi che sapranno nominare la loro storia, senza stancarsi e dargli un posto, senza paura» (Concita De Gregorio)